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La Cessione del Credito nella Pubblica Amministrazione

La Cessione del Credito nella Pubblica Amministrazione

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Sempre più Enti della Pubblica Amministrazione rifiutano ex lege la cessione del credito dei propri Fornitori. Questa possibilità infatti è prevista ( a differenza dei privati che ex art. 1260 del Codice Civile non hanno modo di opporsi alla cessione della relativa massa creditizia ) fin dalla legge sul contenzioso amministrativo, L. 2248 del 1865, il cui art. 9 recita “sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”. Successivamente, il Regio Decreto n. 2440 del 1923, sul patrimonio e contabilità dello Stato, ha richiamato tale disciplina, prevedendo come obbligatorio il consenso della PA in caso di crediti dovuti per somministrazioni, forniture ed appalti.

Più recentemente, i due Codici degli Appalti, Dlgs n. 163/2006 e Dlgs n. 50/2016, hanno confermato tale operatività, stabilendo che le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione siano efficaci ed opponibili alla PA se queste non le rifiutano entro 45 giorni dalla notifica di cessione ( termine ovviamente perentorio, che si interrompe notificando il rifiuto ). A tutela dell’affidamento delle parti e della buona esecuzione dei lavori, il legislatore ha previsto inoltre il meccanismo del silenzio assenso: se la PA non si esprime nei 45 giorni concessi per poter eccepire l’invalidità della cessione, tale si ritiene conclusa ed efficace.

Un’importante eccezione viene fatta tuttavia per il tipo di rapporto obbligatorio che intercorre tra creditore e PA: la possibilità di opporsi infatti, riguarda esclusivamente contratti di durata. Per i contratti ad esecuzione istantanea ( un esempio semplice è la singola compravendita ) la PA non ha modo di rifiutare l’avvenuta cessione, che pertanto è valida ed efficace fin dalla stipula ( che a norma di legge deve avvenire tramite atto pubblico o scrittura privata ). A conferma di tale orientamento la sentenza n. 981/2002 della Cassazione Civile la quale ravvisa come “il divieto di cessione senza adesione della PA si applica esclusivamente ai rapporti di durata come appalto e somministrazione”. Per questi contratti infatti, il legislatore ha voluto garantire la regolare esecuzione del contratto.

Una seconda eccezione all’egida generale riguarda l’attualità del contratto in corso. La legge infatti prescrive l’obbligatorietà dell’adesione della PA solamente per i contratti ancora in corso di esecuzione ( ex. Art. 9 della Legge 2248/1865, che si riferisce ai contratti in corso ). Una volta terminata l’esecuzione dello stesso pertanto, la PA non potrà più applicare il suo potere di veto, potendosi applicare la normativa civilistica generale in tema di cessione del credito.

E’ pertanto la stessa legge a prevedere la possibilità per la PA di poter rifiutare, entro 45 giorni dalla notifica di avvenuta cessione, l’efficacia della stessa. Le ragioni di tale scelta possono essere le più varie e non è previsto un obbligo di motivazione ( miglioramento dei tempi di pagamento e buoni indici di tempestività dei pagamenti, maggiori oneri amministrativi e burocratici nel caso di un rapporto trilaterale cedente-cessionario-ceduto ecc. ). A tutta evidenza, in un clima di miglioramento di tempi medi di incasso, di diminuzione generalizza del DSO, di appesantimento, per la PA, di verifiche ed adempimenti fiscali, di trasparenza e di compliance normativa, pare di poter affermare che la possibilità di rifiutare la cessione del credito possa essere sempre più una realtà attuale per il futuro.

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