Capitale d’impresa o ricorrere ai debiti esterni?
Il Fisco agevola direttamente o meno il ricorso al capitale proprio od alle fonti esterne di finanziamento. Se a livello internazionale l’ago della bilancia pende verso queste ultime, il sistema italiano ha cercato di riequilibrare verso il capitale interno alla società e dunque se è vero che l’articolo 96 TUIR prevede la deducibilità degli interessi passivi questo non si limita a contrastare fenomeni di profit shifting (vale a dire quei meccanismi che permettono l’erosione dei profitti a seconda delle varie legislazioni) ma si pone come vera e propria regola tesa a mitigare l’eccessivo ricorso al debito.
In Italia si è spesso normato a favore dell’impiego di risorse proprie: l’ACE, Aiuto alla crescita economica del 2011 era volta a premiare il reinvestimento di utili od i nuovi apporti di capitale dei soci, permettendo la deducibilità di tale incremento di capitale dall’imponibile. L’ACE è stato eliminato a partire dal 2024 e superamento dello stesso è stato introdotta unicamente una maggiorazione, nell’ottica del calcolo del reddito, del costo del personale assunto a tempo indeterminato. Ma questa è chiaramente una misura legata all’occupazione ed al moltiplicatore della crescita, e non segnatamente una misura fiscale. Rimane dunque il problema di trovare le fonti. Un’ipotesi gettonata era quella di completare la riforma della c.d. mini Ires ma questo è ancora al vaglio del legislatore.